Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo gli agricoltori emiliani per "correggere" i prati argillosi iniziarono ad usare terreni ricchi di sostanza organica, provenienti da dossi ben visibili nella campagna emiliana, a cui diedero il nome di "marne"o "terre marne".
Negli strati di tali dossi erano presenti frammenti ceramici, oggetti in bronzo, in corno, ossa animali: P. Strobel, L. Pigorini e G. Chierici per primi ricollegarono tali resti a villaggi preistorici e attribuirono ai siti, modificando leggermente il termine usato dai contadini, il nome di "terramara". Proprio con le ricerche condotte dai tre studiosi sulle terramare parmensi e reggiane nasce, dopo il 1860, l'archeologia preistorica italiana.
Anche la terramara di S. Rosa, allora nota come Fodico, fu in parte utilizzata per scopi agricoli.
Successivamente l'esatta ubicazione del sito è andata perduta e dopo le prime campagne di scavo effettuate tra 1984 e 1986, la presenza di terreni rimescolati, il ritrovamento di alcuni oggetti del 1800 e lo studio delle antiche mappe catastali hanno dimostrato con certezza che la terramara, ormai da tutti citata come S. Rosa, corrisponde a quella detta di Fodico dagli studiosi ottocenteschi.